Balla coi lupi
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Balla coi lupi

Balla coi lupi

«Devi risvegliare l’anima più selvaggia che è dentro ognuno di noi, sei l’uomo dei western, saprai certamente come fare…». Il produttore era stato molto chiaro con il pittore, cercava un lavoro che facesse emozionare; le aspettative per Balla coi lupi erano molto alte e, infatti, nel 1990 i botteghini furono presi d’assalto: gli incassi nel mondo superarono i 400 milioni di dollari e l’anno seguente il film vinse 7 Oscar. Renato Casaro, che soprattutto negli anni ’50 e ’60, aveva prodotto decine e decine di manifesti di western, non ebbe difficoltà a occuparsi di indiani d’America, cowboy e paesaggi mozzafiato: «Mi avevano mandato a casa una selezione accurata di foto di scena, ma buona parte dell’ispirazione arrivò grazie alla mia esperienza in quel genere di film. Ad esempio, le ambientazioni erano quelle tipiche che avevo già visto dal vivo in Spagna, in Almeria. Per quanto riguarda Kevin Costner, beh lui era il protagonista, e in questo caso per il personaggio che interpretava, il tenente Dunbar, attraverso il manifesto doveva “puzzare di sudore”, essere il duro per antonomasia. Nella versione tedesca lo ritrassi con i baffi al fianco dello sciamano Sioux, Uccello scalciante, mentre nella versione italiana, la scena era tutta sua…». Casaro, in questa versione del poster, dovette ricorrere a una forzatura: la mano di Costner, infatti, andando fuori simmetria, sbucava dal nulla mentre dipingeva i segni indiani di battaglia sul viso. «Era la sintesi perfetta per far capire allo spettatore che quell’uomo bianco si univa a una tribù, entrando in un mondo primitivo e selvaggio. La sequenza più emozionante, comunque, è quella della caccia al bisonte e la inserii in entrambi i manifesti: ero particolarmente colpito perché l’attore cavalcò davvero senza sella in tutte le scene, senza controfigura e senza mai fermarsi un attimo».

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