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San Sebastián 2024 – Conclave: l’elezione del nuovo Papa si tinge di giallo nel thriller tratto dal romanzo di Robert Harris. La recensione

Ralph Fiennes, Stanley Tucci e Sergio Castellitto sono i vertici di un triangolo fatto di intrighi e scandali, dove la posta in palio è il pontificato

San Sebastián 2024 – Conclave: l’elezione del nuovo Papa si tinge di giallo nel thriller tratto dal romanzo di Robert Harris. La recensione

Ralph Fiennes, Stanley Tucci e Sergio Castellitto sono i vertici di un triangolo fatto di intrighi e scandali, dove la posta in palio è il pontificato

recensione di conclave

Un thriller ambientato durante il conclave, cioè l’elezione del nuovo Papa ad opera dei cardinali in carica, è certamente una buona idea. Ci sono le macchinazioni politiche, le alleanze elettorali, tutti i traffici e gli intrighi e gli scandali che siamo abituati ad associare alla politica “laica” ma compressi in pochissimi giorni e gonfiati dall’isolamento, nel film di Edward Berger (Niente di nuovo sul fronte occidentale) presentato al Festival internazionale del cinema di San Sebastián 2024.

Il conclave segue di per sé una liturgia che è già cinema: la stanza sigillata del Papa uscente, le votazioni sotto la Cappella Sistina, le formule rituali in latino ripetute all’infinito, i biglietti con i nomi vergati a mano che vengono infilzati su un filo rosso, e naturalmente la fumata nera o bianca alla fine di ogni scrutinio.

Robert Harris, l’autore inglese di Pompei, The Ghost Writer e Fatherland, ha intuito le potenzialità del soggetto e ci ha costruito intorno una specie di detective story, dove il cadavere è quello del Santo Padre e al posto dell’ispettore di polizia c’è il cardinale decano (Ralph Fiennes), ovvero quello che presiede il conclave e quindi ha la responsabilità che tutto “fili liscio”, secondo l’implicita volontà di Dio. La posta in gioco non è trovare l’assassino, ma capire “chi ha nascosto cosa” pur di infilarsi l’anello papale.

E poi c’è la città fuori dal Vaticano, da cui arrivano echi di esplosioni lontane, esplosioni di cui non si conoscono le ragioni, perché l’attualità dal conclave è bandita. Naturalmente non c’è solo il meccanismo di genere, cioè l’indagine e gli svelamenti: in questo contesto schierarsi dalla stessa parte significa condividere la stessa idea di mondo, cioè di Dio e della Chiesa, e quindi ogni discussione è un macigno.

Fondamentalmente i cardinali devono decidere la direzione che il governo ecclesiastico deve imboccare, tra chi vuole portare avanti le istanze progressiste del Papa uscente, aperto al dialogo con le altre religioni e favorevole a un ruolo di maggior responsabilità per le donne, e la frangia conservatrice, guerrafondaia e razzista, rappresentata dall’italianissimo Cardinale Tedesco (un Sergio Castellitto in straniante overacting in mezzo ai misuratissimi attori anglosassoni).

Alla fine la soluzione dell’intreccio – che ovviamente non sveliamo – ha un chiaro peso simbolico, mentre su un piano letterale è pressoché irricevibile. Serve anche a determinare il tono del film, che (quasi) scivola nel fanta thriller alla Codice Da Vinci, garantendo un ottimo spettacolo (Fiennes e Stanley Tucci sono strepitosi), una morale facile facile, e una manciata di innocue polemiche. Al confine tra sacro e profano, e in fondo per tutti i gusti: andrà bene in sala e pure in streaming.

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